La piaga di cui non ci libereremo facilmente.

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Kk5bHJNon temo di essere smentito se vi dico che, oltre alle centinaia di migliaia di persone che sono morte e tutte quelle che hanno subito le conseguenze indirette della pandemia sul proprio tenore di vita, vi sono moltissime altre “vittime” di questa pandemia: le relazioni interpersonali. E quando parlo di “relazioni interpersonali” non mi riferisco alla impossibilità di vedere persone, di incontrare gli amici e i parenti, all’indubbio bisogno di socialità dell’essere umano, ma soprattutto alla profonda frattura che molti rapporti di amicizia e familiari hanno subito a causa della enorme polarizzazione delle idee.

Fino a prima della pandemia mi capitava, anche spesso, di frequentare persone con idee “stravaganti”. In ambito medico, scientifico, politico, etc… Tuttavia queste “idee” non prendevano mai il sopravvento. Potevi incontrare un no-vax e spesso nemmeno te ne rendevi conto e, se per caso si andava in argomento, dopo poche battute il discorso prendeva un’altra direzione e nemmeno te ne ricordavi. Semplicemente perché era qualcosa di remoto, che in fondo non avrebbe danneggiato nessuno, probabilmente nemmeno il diretto interessato e non valeva la pena di spendere energie per discutere di qualcosa la cui consistenza era impalpabile.

Oggi la situazione è estremamente diversa. Le prove sono davanti agli occhi di chi le vuole vedere ma tutto è stato estremamente polarizzato e amplificato perché, anche persone che in realtà consideravi “acculturate”, insospettabili, persone magari a te molto vicine e delle quali hai a cuore lo stato di salute, improvvisamente hanno iniziato ad abbracciare assurde teorie. A pensare che un complotto di proporzioni mondiali stia loro mentendo per un disegno criminale il cui scopo è di obbligarli a girare con una mascherina sul viso. Che un’influenza sia stata promossa a pandemia “inventando” migliaia di morti. Teorie secondo cui i vaccini siano composti che modificano il DNA. Teorie che le scie chimiche e la terra piatta al confronto sono una innocua barzelletta.

Credetemi, il fatto che siano no-vax passa persino in secondo piano. E vero che ti preoccupi che i tuoi cari, magari in età a rischio, vadano in giro senza alcuna protezione mettendo incoscientemente la propria vita al gioco della roulette russa tutti i giorni, ma vi assicuro che è ancora peggio che ogni volta che li vedi ti investano con discorsi che ti fanno dubitare della loro integrità mentale. Perché tu lo sai che non sono ignoranti o stupidi ma che hanno solo preso un abbaglio di proporzioni epiche e l’unica ragione che riesci ad immaginare per un tale comportamento è un qualche tipo di infermità mentale. E ringrazi la tua buona sorte che non sia capitato a te.

E alla fine l’unica cosa che puoi fare è di allontanarti. In questi mesi ho, spesso inconsciamente, sacrificato tanti rapporti di amicizia e anche familiari a causa di questa sensazione di totale impotenza. Un po’ come quando un tuo conoscente diventa alcolista e, per preservare te stesso, sei costretto a lasciarlo andare. E non è crudeltà ma solo una forma di autotutela perché la sensazione che provi a non poterlo aiutare ti soverchia fino a vincere ogni solidarietà umana.

E non basta. Spesso ti accusano di isolarli a causa delle loro “opinioni”. Ti considerano un “ignorante”, un povero sprovveduto. Vi assicuro che io provo una fortissima vergogna, quella di tipo empatico, a sentire che una persona umilia il proprio intelletto difendendo teorie che non hanno nemmeno la dignità di essere considerate “opinioni”. Perché una opinione deve essere supportata da fatti che hanno una qualche attinenza con la realtà e non essere completamente avulse da essa. E isolare chi ha opinioni sbagliate non è una forma di discriminazione verso una religione o una razza ma è piuttosto, pari ad isolare il fascismo, il quale dilagando porterebbe alla corruzione morale e intellettuale della società.

Ecco, questa è una piaga, conseguenza di questa pandemia, che non dovremmo sottovalutare. Mi piacerebbe poter dire che sia possibile recuperare alla razionalità queste vittime della propria paura, dei propri bias cognitivi e dei social che sono così abili a sfruttarli. Purtroppo temo che ne pagheremo le conseguenze a lungo, almeno finché un paio di nuove generazioni non ne abbia attenuato a sufficienza i postumi sociali.

La dura vita dell’influencer

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Fedez, lo scorso primo Maggio, si è fedez_fi_0105prodotto in un discorso a proposito della legge Zan che, per quanto condivisibile, non è quello di cui vorrei parlare oggi. Piuttosto vorrei porre l’attenzione su un effetto collaterale che si è manifestato, come spesso succede quando l’attualità incrocia la strada di  qualcuno di questi noti “influencer”. Possono infatti prodursi nelle migliori iniziative, difendere nobili cause, fare generose donazioni, ma restano nell’immaginario collettivo cattivi esempi e scansafatiche i quali vivono in un mondo ovattato e comodo sguazzando nella ricchezza.

Che siano spesso ricchi non vi è dubbio alcuno ma, come spesso succede, ricchezza non è sinonimo di stoltezza. Anzi, vi do una notizia sconcertante, queste persone lavorano, e lavorano sodo. Perché, se pensate che pubblicare qualche video su Instagram, scrivere assiduamente in un weblog o produrre video su Youtube sia cosa semplice, vi sbagliate e parecchio. Vi basti guardare la differenza di date tra questo post e il precedente. Ve lo anticipo, si tratta di quasi un anno, e non perché io me ne sia scordato ma solo perché, impegnato in un lavoro di quelli “normali”, arrivo a casa la sera e non ho la minima voglia di mettermi a scrivere.

Perché scrivere è faticoso e crearsi un pubblico è ancora più difficile. Nei miei tempi d’oro, quando avevo un weblog piuttosto frequentato, postavo non meno di una volta al giorno e talvolta anche più di una. E, per vostra informazione, trovare argomenti da postare è un lavoro a tempo pieno, faticoso, stressante e difficile. Dannatamente difficile. E poi, va messo nero su bianco, raccontato con capacità, va creata una storia, non basta scrivere due righe o registrare un breve video.

Perciò, vi prego, considerate con attenzione questi aspetti e rispettate queste persone che, per arrivare ad avere migliaia di followers hanno dovuto lavorare sodo, senza alcuna garanzia di successo, mettendosi in gioco con la loro esclusiva capacità. E se trovate che qualche contenuto non sia nei vostri “standard culturali” considerate che la colpa probabilmente non è nemmeno loro, ma appunto, delle decine, centinaia o spesso migliaia di persone che li seguono proprio per tali contenuti.

Loro, gli “influencer”, ci provano pure ad elevarsi, ma la vostra derisione e il vostro disprezzo di certo non li aiutano.

Libertà di pensiero e libertà di informazione

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Mi è capitato, di recente, ma anche altre volte in passato, di assistere alle reazioni scomposte di chi, in seguito a qualche post un po’ avventato, si è visto ammonito oppure addirittura censurato da Facebook. Tipicamente le reazioni sono le più disparate, ma quella più ricorrente è: “ma io ho diritto di informare!!”. Ora, il diritto di informazione è qualcosa di costituzionalmente garantito, sia in termini di diritto passivo (ricevere informazione) che di diritto attivo (fare informazione) e assolutamente nessuno dovrebbe mai negarlo, tuttavia credo che molti confondano la libertà di informazione con una sottilmente diversa libertà di pensiero.

Provo a spiegarmi. Credo che in definitiva sia chiaro a tutti che chiunque di voi abbia libertà di pensiero, altresì garantita dalla costituzione, libertà che vi consente di pensare o credere a qualunque cosa. Potete pensare ad esempio che un Arancio (il frutto) non sia arancione ma in realtà blu a pallini rosa e che siete vittima del complotto dei fruttivendoli che hanno indotto tutti a credere che l’Arancio sia arancione. E finché tenete per voi questo pensiero, magari anche seguendo una dottrina “bluastriana” con le regole più astruse, nessuno può dirvi o farvi nulla. Siete liberi di pensare quello che volete e questo vi garantisce anche di poter vivere come meglio credete, di seguire la religione che preferite, o di non seguirne nessuna, di essere Vegetariani o Vegani o magari di andare al mare tutti gli anni nella stessa spiaggia. Fintanto che il pensiero coinvolge solo ed esclusivamente voi stessi siete in salvo.

Quando invece passiamo alla “libertà di informazione”, cioè alla possibilità di trasferire il vostro pensiero agli altri, per mezzo della parola, della carta stampata, di un manifesto affisso per strada o, magari, di un post su Facebook le cose cambiano nettamente. Questo perché nel trasferire ad altri il vostro pensiero siete nella scomoda posizione di poter causare un danno a qualcuno. Ad esempio, se aprite la vostra pagina “bluastriana” i fruttivendoli potrebbero prendersela perché state diffondendo una notizia falsa e questo ha impatto sulla loro integrità morale di professionisti oppure banalmente sul loro fatturato. E’ del tutto vero che siete liberi di fare informazione attiva, ma è anche assolutamente vero il principio civile per cui la vostra libertà non deve ledere quella degli altri. Perciò nel fare informazione non siete liberi di scrivere tutto ciò che vi passa per la testa ma dovreste attenervi al vero (o meglio ancora al dimostrabile). Se non vi attenete al vero nel fare informazione, banalmente qualcuno potrebbe portarvi in tribunale e cavarvi la pelle oltre che la camicia e, in virtù della stessa costituzione che tutela la vostra libertà di informazione, avrebbe il pieno (e sacrosanto) diritto di farlo.

C’è un altro tassello in questo puzzle che va sotto il nome di “editore”. Chi è l’editore? Per un giornalista che pubblica articoli per la carta stampata l’editore è colui che pubblica il giornale, e spesso il direttore responsabile ne è il rappresentante legale. Anche voi che pubblicate post su Facebook siete soggetti a un editore che è Facebook stesso. Io che scrivo queste pagine su un blog personale, ospitato da un mio server sono editore di me stesso e così via. Ma perché è importante l’editore? Perché l’editore è responsabile dei contenuti che vengono pubblicati sulla sua “testata”, sia che sia un quotidiano nazionale o un social come Twitter o Facebook. E in quanto tale, tornando al tizio che vi cava la pelle in tribunale, mette in gioco un suo generoso pezzettino di pelle nella stessa causa per garantire a voi la libertà di informazione.

In ultima analisi quindi non dovreste stupirvi se Facebook un bel giorno vi manda un messaggio e vi dice che ha cancellato un vostro post, che vi ha bloccato il profilo o che ha oscurato una vostra foto o video. Facebook sta solamente tutelando se stesso e ha tutto il diritto di farlo perché altrimenti vedrebbe rapidamente dilapidati i dividendi dei propri soci e probabilmente anche gli stipendi dei dipendenti per pagare fior fior di quattrini in avvocati e cause perse. La giusta reazione è di farvi un piccolo esame di coscienza e dire a voi stessi che non è calata la censura da parte di un complotto, ma anzi che siete semplicemente “vittima” di un combinato costituzionale che deve garantire non solo i vostri diritti ma anche quelli del vostro prossimo. Con questo pensiero in mente non potrete che dire grazie, a Facebook che nel salvarsi il culo ha salvato anche il vostro e ai nostri padri costituzionali che sono stati così avveduti da garantire la libertà di tutti e non solo la vostra.

imagicshoot

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Sono lieto di dare la notizia che è finalmente pubblico anche il mio photoblog. E’ passato molto tempo da quando ho “creato” il nome Imagic, e anche questo, a più riprese è stato proposto come collettore dei miei scatti. Ma questa volta la veste grafica e lo strumento che ho usato sono di tutto rispetto e soprattutto tarati per rendemi semplice pubblicare. Al momento vi trovate circa una ottantina di scatti che risalgono al periodo più recente, dal 2017 ad oggi, nel quale ho potuto girare con la mia Nikon D750 e ritrarre vari luoghi, sia nei dintorni di Treviso che in grandi città come Venezia, Londra e Parigi o nelle isole greche che ho visitato nel 2018.

Non sono foto professionali, soprattutto nelle prime si percepisce una iniziale difficoltà con i mezzi di post produzione che uso perchè necessari per “sviluppare” gli scatti in termini di bilanciamento dei parametri, ma solo raramente (e sempre meno) nel ottenere effetti illusori che non considero parte della tecnica fotografica ma solo una scorciatoia per il “like-nazionalpopolare”. Sempre più cerco di concentrarmi nel soggetto e nel momento piuttosto che nell’illustrazione. Sarà un po’ per questo che non amo la foto paesaggistica che per forza di cose deve trarre il proprio carattere distintivo dai filtri di photoshop piuttosto che da se stessa.

Mi piace piuttosto la foto da strada, lo scatto colto al volo, quel particolare che pochi notano, quel significato che spesso si cela dietro un incontro casuale di oggetti, fatti e persone totalmente inconsapevoli gli uni degli altri. Buona visione

http://www.imagicshoot.com

Bentornato Andrea

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Un tempo avevo un “weblog”. Parlo di anni fa, quando iniziò l’epopea di questo strumento. In quel periodo tanti aprivano un account da qualche parte e iniziavano a scrivere. E io come tanti ci ho provato molte volte, con diversi “brand”, ma alla fine all’interno di una community di programmatori, iniziai un weblog piuttosto nutrito chiamato “di .NET e di altre amenità”. Vi parlavo di tecnologia, specialmente in ambito Microsoft, ma anche di politica, arte e cose di tutti i giorni, guadagnandomi la simpatia e talvolta il disprezzo del mio pubblico. Quel “luogo”, assieme a tante altre cose, divenne un po’ la pista di lancio dalla quale mi avvicinai al mio titolo di Microsoft MVP che in seguito mantenni per ben 10 anni.

Inizialmente nella community e poi in un hosting privato, il weblog continuò a restare in vita, mantenendo il taglio ma mano a mano scemando nella quantità di contenuti fino a spegnersi definitivamente per ragioni di tempo. Mi spostai un po’ alla volta verso Twitter e poi ancora su Facebook, cercando una collocazione di maggiore visibilità e rapidità per ciò che scrivevo, ma nel contempo perdendo in qualità e focus rispetto ai miei contenuti.

Ecco, oggi riapro questo “della mia vita e di altre amenità” che vuole essere un nuovo tentativo di portare il mio pensiero ragionato nel web, staccandomi da quel luogo ormai inquinato da ignoranza e fake-news tanto da risultare spesso disgustoso, che sono i social network in genere. Riapro qui, togliendo “.NET” dal titolo, non perché abbia in qualche modo rinnegato il mio passato/presente di sviluppatore, ma perché oggi, a cinquant’anni suonati, non sento più tanto il bisogno di condividere il mio sapere tecnologico ma più che altro il succo della mia vita, fatto di esperienze, di sentimenti, di pensieri e di opinioni su tutto ciò che mi circonda.

Buona lettura a tutti.